Variety ha pubblicato un lungo editoriale che riflette su come Secret Invasion (2023), la disastrosa serie con protagonisti Samuel L. Jackson e Ben Mendelsohn, sia sintomo di un problema più grande che affligge il Marvel Cinematic Universe.
Nel 2007, quando Jon Favreau e Robert Downey Jr. presentarono al San Diego Comic-Con il primo teaser trailer di Iron Man (2008), i Marvel Studios erano una società indipendente sul piano finanziario; fece scalpore veder puntare tutto il loro futuro su un personaggio di terzo livello interpretato da una star non proprio amata, uno sforzo che molti nel settore e la comunità dei fan consideravano con profondo scetticismo (se non addirittura deridendolo).
Le riprese del film erano terminate da poco, quindi il teaser aveva solo un vero shot VFX con la star che indossava per la prima volta l’armatura… e proprio quel momento ha fatto esplodere il pubblico della Hall H in un fragoroso applauso. Il filmato era delizioso, scadente visivamente ma molto inventivo, che prometteva di rivoluzionare i cinecomic dopo l’uscita di X-Men: Conflitto finale (2006) e Spider-Man 3 (2007).
Sembrava il tipo di rinnovamento culturale che può avvenire quando il pubblico in massa si coglie di qualcosa che sembra elettrizzante. L’anno successivo, il film è stato un successo e ha incassato $585.8 milioni in tutto il mondo. Quattro anni più tardi, The Avengers (2012) è diventato un evento globale incassando $1.5 miliardi e conquistando il pubblico, segnando così l’inizio del dominio del Marvel Cinematic Universe al box office.
Sono passati oltre quindici anni da quel momento, e ora i Marvel Studios hanno appena concluso il QUARANTAQUATTRESIMO prodotto dell’MCU: Secret Invasion, una serie confusionaria e torpida – per non dire brutta – che tenta di ricreare le atmosfere da thriller politico di Captain America: The Winter Soldier (2014).
Nel corso della serie scopriamo che James ‘Rhodey’ Rhodes (Don Cheadle) è stato per anni segretamente uno Skrull di nome Raava. Non che questo personaggio avesse bisogno di un nome, dato che la serie non sembra dare minima importanza a Raava o alle conseguenze di questa rivelazione.
A mettere il dito nella piaga ci pensa il regista Ali Selim, il quale ha dichiarato che Raava ha sostituito il vero Rhodey fin dagli eventi di Captain America: Civil War (2016). Non solo quella credulità narrativa di tensione arriva al suo punto di rottura, ma sminuisce completamente il climax emotivo di Avengers: Endgame (2019) nella scena in cui Rhodey si siede accanto al suo migliore amico Tony Stark (Robert Downey Jr.) per accompagnarlo nei suoi ultimi momenti di vita.
Se quel momento così importante può essere cambiato in seguito, allora perché i fan dovrebbero versare lacrime o interessarsi a qualsiasi altro evento che è accaduto – o che accadrà – nell’Universo Cinematografico Marvel?
E poi c’è il personaggio interpretato da Emilia Clarke: G’iah, la figlia Skrull di Talos (Ben Mendelsohn), vista in versione bambina in Captain Marvel (2019), che nell’episodio finale acquisisce i poteri di quasi tutti i supereroi (e villain) dell’MCU, diventando – di fatto – l’essere più potente dell’universo.
Lo scontro finale è a dir poco penoso: G’iah sostituisce Nick Fury per combattere Talos (Kingsley Ben-Adir), e mentre entrambi trasformano varie parti del proprio corpo in diverse parti di Avengers casuali, alla fine lei gli crea un buco nel petto. Lui muore. Fine. Una battaglia ambientata in una centrale nucleare, con una CGI imbarazzante, con una fotografia spenta e con una regia che non valorizza assolutamente l’azione del momento, usando due personaggi che conosciamo a malapena e a cui nemmeno teniamo.
L’ultima volta in cui vediamo G’iah – bisogna sottolineare che è diventata, all’improvviso e casualmente, L’ESSERE VIVENTE PIÙ POTENTE DELL’UNIVERSO – viene “reclutata” da Sonya Falsworth (Olivia Colman) per lavorare nell’MI6. Perché? Non c’è un vero senso.
Tutti i problemi di questa serie sono semplici sintomi di un problema molto più grande per la Marvel: le stesse cose che hanno permesso la sua ascesa nel 2010 sono ora diventate un onere oppressivo. In primo luogo, i costanti collegamenti e la continuity degli eventi rendono impossibile una trasposizione di questa storyline, che nei fumetti coinvolge centinaia di supereroi e personaggi con superpoteri; in sostanza, l’esistenza di un universo condiviso impedisce lo sviluppo di storie nuove e interessanti, che possano anche ridefinire o cambiare i personaggi.
Se non per il peggio: la serie cambia effettivamente il personaggio di Nick Fury, ma distrugge completamente la sua aura leggendaria e le sue capacità spionistiche che l’hanno reso un personaggio così amato. Dopo aver visto questa serie, lo odierete… per quanto è stupido.
Quella che voleva essere una piccola serie di spionaggio, che prometteva di esplorare la psiche di Nick Fury e il modo in cui è diventato così formidabile e pericoloso, è stato appesantito da una trama vuota ma al contempo inutilmente complicata e dalla decisione di stipare il maggior numero possibile di riferimenti ad altri personaggi nel finale, per non parlare dell’ossessiva voglia di giustificare l’assenza degli Avengers con una serie di spiegazioni che sono, davvero, una peggio dell’altra.
Allo stesso modo, se Ant-Man (2015) era un heist movie e Ant-Man and The Wasp (2018) era un family movie, Ant-Man and The Wasp: Quantumania (2023) è stato oppresso dal gravoso compito di lanciare il nuovo, grande villain dell’MCU (il Kang di Jonathan Majors), finendo per risultare raffazzonato e stonato. Il cinecomic stesso finisce con un monologo di Scott Lang (Paul Rudd) che si domanda se quello che è successo nel film contasse effettivamente qualcosa.
Black Panther: Wakanda Forever (2022) ha davvero bisogno di interrompere l’intensità del conflitto centrale per inserire scene inutili con la Contessa Valentina Allegra de Fontaine presa da The Falcon and The Winter Soldier (2021)?
Ms. Marvel (2022) ha davvero bisogno di spezzare la storia del trauma generazionale e della guerra tra India e Pakistan per inserire scene inutili con il Damage Control preso da Spider-Man: Homecoming (2017)?
Thor: Love and Thunder (2022) ha davvero bisogno di passare tutto il primo atto in un’inutile battaglia con i Guardiani della Galassia piuttosto che concentrarsi sulla devastazione emotiva dovuta al cancro di Jane Foster (Natalie Portman)?
Ma anche se tutti questi progetti avessero eliminato i non necessari collegamenti all’MCU, sarebbero comunque stati ostacolati dall’ossessivo controllo dei dirigenti dei Marvel Studios.
I registi dell’MCU hanno descritto l’approccio dei produttori come “altamente collaborativo”, lodando “il desiderio di migliorare un film o una serie fino all’ultimo”; si tratta di un modo carino per dire che, fino all’ultimo, gli studios ordinano reshoot e riprese aggiuntive, che poi devono essere montate e ritoccate con la CGI e con i VFX in fretta e furia. Per non parlare della scrittura dei copioni sul set o della riscrittura di intere scene che devono essere girate il giorno successivo, senza che gli attori abbiano il tempo di imparare le battute o fare qualche prova.
Se ve lo state chiedendo: sì, tutto quello che non vi è piaciuto di film come Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022) o di Ant-Man and The Wasp: Quantumania (2023) è stato aggiunto – forzatamente – all’ultimo.
Questo approccio, di cui non ci si dovrebbe stupire (purtroppo anche altri studios lo adottano) ha permesso ai Marvel Studios di muoversi con agilità attraverso i primi film, appoggiandosi a idee e direzioni creative piuttosto che legandosi ad una rigida formula modellata da costanti cambiamenti operati dai dirigenti.
Ma ciò significava anche che gran parte dei film dell’MCU era fin troppo simile nello stile e nella narrazione, e molti registi hanno lottato per stabilire una propria voce al suo interno. Solo pochi ci sono riusciti, anche se nemmeno James Gunn o Taika Waititi sono riusciti a salvare ciò che i dirigenti hanno poi modificato.
Al lancio di Disney+ e all’esponente moltiplicazione dei titoli prodotti, le crepe iniziano a vedersi… fino alla rottura. I fan non riescono più a seguire tutte le uscite; gli studios non riescono a mantenere la qualità su ogni titolo, tanto da affidarsi a studi di produzione esterni per le riprese; i VFX artists entrano in una condizione di sfruttamento che li porta a sentirsi – letteralmente – male. Ecco quindi un gran numero di film e serie televisive incompleti, brutti visivamente, cambiati in continuazione e criticati sia dai fan più accaniti che dal pubblico più casuale.
Bisogna specificare che non si tratta di una vera stanchezza verso i film di supereroi, bensì verso i prodotti brutti, tant’è vero che Guardiani della Galassia Vol. 3 (2023) e Spider-Man: Across The Spider-Verse (2023) hanno conquistato il pubblico proprio perché si sono concentrati sugli archi emotivi dei propri protagonisti piuttosto che collegarsi forzatamente ad un universo narrativo più ampio, e soprattutto per la cura con cui sono stati realizzati.